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    Home»Costume e società»Cultura»Film»La moglie del presidente
    Film

    La moglie del presidente

    Erica ArosioBy Erica Arosio16/04/2024Updated:23/04/2024Nessun commento4 Mins Read
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    Regia di  Léa Domenach

    con   Catherine Deneuve, Denis Podalydès, Michel Vuillermoz, Sara Giraudeau

    In sala dal 24 aprile

    Quattro stelle

    Quanto è brava Catherine Deneuve che riempie lo schermo splendida protagonista assoluta, dando vita a Bernadette, moglie di Chirac, due volte presidente francese. Che meraviglia e che rarità: la regista Léa Domenach al suo esordio ha regalato a una donna di 80 anni (l’attrice ne compirà 81 il 22 ottobre) una parte invidiabile a un’età che vede le dive dimenticate e rispolverate giusto per un  premio alla carriera.

    E invece la Deneuve, ancora molto bella grazie di sicuro a tante cure ma anche a una vita libera, ha la freschezza di una ragazza nell’incarnare la parabola di Madame Chirac, le cui origini aristocratiche spiccano nel nome integrale: Bernadette Chodron de Courcel Brondeau d’Urtières.

    Donna volitiva, di arguta intelligenza e di altrettanto fine intuito politico, ha rivestito un ruolo cruciale nella carriera del marito che, a giudicare dal film, valeva molto meno di lei. Dobbiamo fidarci? La regista spiritosamente nei titoli di testa ci tiene a precisare che pur ispirandosi a fatti reali, il suo lavoro rimane un’opera di fiction, anche se alcune scritte in sovraimpressione aiutano chi non conosce a menadito la politica francese a orizzontarsi nell’arco dei fatti narrati.

    Che si concentrano sulla scalata all’Eliseo di Chirac che lasciò poi il passo a Sarkozy e come avvenne lo vedrete nel film.

    Ma il cuore della storia, quello che conta e che conquista lo spettatore e ancora di più la spettatrice, è la leggerezza con cui Catherine Deneuve riesce a restituire l’immagine di una donna a cui non assomiglia e che, a differenza di come accade negli Stati Uniti, non fa nulla per assomigliare. Almeno fisicamente, perché invece lo spirito di Madame Chirac affiora con intensità in ogni inquadratura, in ogni espressione.

    Abituata per educazione a stare un passo indietro al marito, vanesio e maschilista, Bernadette china spesso il capo, lasciando il palcoscenico al consorte finché, a un certo punto, decide di prendersi il suo spazio e la sua libertà, ma come per caso, spiegando fino all’ultimo che ogni sua azione è concordata col marito. Anche quando non è vero, anche se a affermarsi saranno l’intelligenza e lo charme, strumenti della sua emancipazione.

    Madame Chirac era impegnata politicamente, consigliera comunale a Saran , nel collegio elettorale di Corrèze, dove operava in modo limpido, lontana da tutti i brogli che invece hanno poi messo nei guai il marito. Passiamoci sopra, lo imparerete dal film e non è la parte più importante, che si concentra invece sulla graduale presa di coscienza di Bernadette che lentamente si ritaglia un suo ruolo, fino a diventare lei, e non il marito, il leader politico più popolare e amato di Francia.

    Si dà da fare nella beneficenza, riesce a trovare supporto di personaggi famosi, rubando la scena a Monsieur le President che cerca puntualmente di mettere in guardia dagli errori, ma lui nella sua tronfia presunzione ne ignora i consigli.

    E noi spettatori in totale empatia con Bernadette tifiamo per la sua ribellione elegante, siamo dalla sua parte quando svecchia il look, complice un somigliante Karl Lagarfeld che le confeziona abiti moderni che Catherine Deneuve indossa con regale signorilità, ci divertiamo a ogni battute, ci entusiasmiamo per i dialoghi brillanti e ben scritti. E poi, come negarlo, ci chiediamo chi mai fosse l’attrice italiana che intratteneva focosamente Chirac proprio quando ci sarebbe stato un gran bisogno di lui: la notte dell’incidente di Lady Diana a Parigi. Basta fare attenzione e la sentirete citare. So però che morite dalla curiosità e quindi svelo il segreto: si trattava di Claudia Cardinale.

    Comunque Bernadette passa sopra alle debolezze e alle frequenti infedeltà del marito, non si atteggia a vittima e non le nasconde. Anzi le ammette e scrive una biografia sincera e per niente provocatoria, perché ogni suo gesto ha la grazia dell’aristocratica di lungo corso che sa far fronte a tutto col sorriso sulle labbra. Vive, si dà da fare, non ha paura di niente, non si lascia andare alla depressione e si occupa delle due figlie, Laurence, vittima dell’anoressia (e anche in questo caso Madame Chirac lo dice e coglie l’occasione per lanciare una campagna contro i disturbi alimentari) e Claude, determinata e in carriera, prima consigliera del padre.

    La storia è interessante come ogni storia umana e politica, la bravura di Catherine Deneuve la rende un piacere fino ai titoli di coda.

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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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