Regia di Sofia Coppola
con Cailee Spaeny, Jacob Elordi
In sala dal 28 marzo
Germania, 1959. Neanche se ti chiami Elvis Presley, neanche se hai venduto milioni di dischi ti salvi dal servizio militare. Che per giunta all’epoca durava ben due anni. Il cantante è di stanza a Friedberg, a nord di Francoforte, un luogo privo di attrattive paragonato alla sua vita di rockstar. Si annoia, ha nostalgia dell’America e frequenta senza troppo entusiasmo le serate organizzate dagli ufficiali, esibendosi al piano per gli invitati. Il tempo passa e non succede niente finché, a una di queste feste, conosce Priscilla Beaulieu, figlia di un militare. La ragazza ha 14 anni, è poco più che una bambina. Educata, perbene, riservata, graziosa. Ed Elvis, che può avere (e ha) tutte le donne del mondo misteriosamente si innamora di lei. O forse solo si incapriccia. La vicenda, guardata con gli occhi di oggi, è paradossale. In epoca di politicamente corretto un comportamento di quel tipo darebbe seguito a una denuncia. Ma correvano gli anni Cinquanta ed era tutto molto diverso.
Elvis dunque continua a stare appresso alla sua Priscilla, anche quando, finita la leva, rientra negli Stati Uniti e riesce, fatto oggi impensabile, a convincere i genitori della ragazzina a farle attraversare l’oceano e mandarla nella sua tenuta, la mitica Graceland.
Se c’è un difetto nel nuovo film di Sofia Coppola è quello che la storia sia solo “la versione di Priscilla”, perché non solo è tratto dal suo libro, Elvis and me, ma la moglie del cantante ha il ruolo di produttrice esecutiva. E forse la sua presenza è stato troppo invadente e ha limitato la libertà della regista. Il film ha un che di trattenuto, sembra non cominciare mai, come l’amore vero fra Priscilla e Elvis che per cinque anni, pur continuando a stare accanto alla ragazza e dividendo con lei il talamo e le notti, si limita a qualche castissimo bacio, frenando ogni slancio di Priscilla che non capisce, si sente messa da parte e non desiderata come donna ed è sempre più frustrata. Poi le pillole che il cantante inghiotte a getto continuo, come si usava allora negli Stati Uniti, per dormire, per stare sveglio, per essere in forma per un concerto, certo non aiutano il suo equilibrio e provocano scatti di violenza.
Elvis continua la sua vita di sempre, tiene concerti e parte per le tournées, gira film in tutto il mondo, intreccia flirt con le sue partner e Priscilla, novella Penelope adolescente, lo aspetta a Graceland, senza tessera le tela ma consolandosi con lo shopping, dove però non può esagerare perché è controllata a vista dall’occhio vigile e tirchio del padre di Presley.
Eppure la mano di Sofia Coppola si sente e si capisce perché questa figura di bambina costretta a diventare donna prima del dovuto l’abbia affascinata. Era già successo con Maria Antonietta e in altri lavori. La regista ha sempre messo al centro della sua opera le giovani fanciulle in fiore, incuriosita da quel momento irripetibile in cui una ragazza si trasforma in donna, sempre Sofia Coppola ha cercato di penetrare il mistero del rito di passaggio. C’è molta cura negli abiti d’epoca, nelle acconciature monumentali con cotonature alte come torte nuziali, la macchina da presa indugia sul make-up, sull’eye liner tracciato con mano sicura, sul rito dello smalto alle unghie. Sofia Coppola filma tutto quello che concorre a trasformare una bambina in una donna, dai tacchi a spillo che modificano l’andatura all’abito che sottolinea la femminilità ma anche a quel che di impalpabile preme nel cuore delle adolescenti.
Priscilla vuole essere se stessa e trovare il senso della sua vita, indipendentemente da un uomo ma non riesce, costretta dagli eventi, dalle convenzioni, da quello che, anche diventato suo marito si rivelerà svagato eppure gelosissimo, un maschilista che considera la moglie una sua proprietà e si sente autorizzato a scegliere i vestiti per lei e persino a imporle di cambiare colore ai capelli. Poteva forse non fuggire la povera Priscilla? A noi spettatori resta però la curiosità dell’altra faccia della storia, dell’altra voce, quella di Elvis e non serve aver visto il film di Baz Luhrmann con Austin Butler che si concentrava solo sul percorso professionale. Forse solo un altro film di Sofia Coppola senza Priscilla accanto (o sopra o addosso?) può soddisfare il nostro desiderio. E vanno bene gli stessi attori, tutti e due ancora poco famosi ma fantastici. Lei, Cailee Spaeny ha ricevuto la coppa Volpi alla Mostra di Venezia, lui, che forse qualcuno ha visto in Saltburn, è un credibilissimo Elvis e, anche se più longilineo del cantante, ne restituisce appieno il carattere e le espressioni.