Dopo 15 anni da dirigente nel settore marketing di un network televisivo, ha deciso di mollare tutto. Per ricominciare da capo, aiutando a sua volta altri a trovare il coraggio di compiere il ‘grande passo’: dire addio a un impiego, anche se ben remunerato, che non è più in linea con ciò che si desidera davvero.
Quello che insegna ai suoi clienti lo ha sperimentato in prima persona. Sì, perché Monica Lasaponara, 40enne di Cava dei Tirreni, prima ancora di diventare escape coach, e aiutare gli altri a trasformare l’insofferenza per un lavoro limitante in un’opportunità di crescita, è stata anche lei una lavoratrice ‘in fuga’, con l’aiuto dei coach londinesi di Escape the City. Lasciare un impiego sicuro e ben pagato nel marketing di un’azienda televisiva non è stato un azzardo: oggi Monica, grazie alla sua nuova formazione, organizza seminari collettivi e individuali per ‘accompagnare’ chi si rivolge a lei nella difficile scelta di cambiare (o di non cambiare) il proprio lavoro. E, anche se guadagna un terzo di prima, è una donna tre volte più felice. Ci racconta come ha fatto.
Per 15 anni, hai occupato un posto di rilievo in un’azienda televisiva. E poi, hai deciso di cambiare vita, diventando escape coach. C’è stato un momento di svolta che ha segnato la tua decisione?
Nel 2013 l’azienda nella quale lavoravo è stata acquisita da un gruppo più grande. Da dirigente, mi si prospettava un cambio di città e maggiori responsabilità. Questo ha coinciso con un periodo molto difficile nella mia vita personale, avevo perso una persona a me molto cara e l’esperienza della malattia mi aveva portato a comprendere quanto la nostra presenza su questa Terra fosse fugace. Erano già diversi anni che mi chiedevo, pur facendo un bel lavoro, quale fosse il vero valore di ciò che “producevo”.
Ho deciso così di dar detta alla mia vocina interiore che mi diceva che avrei potuto fare qualcosa di diverso che passare tutta la mia vita in un ufficio, e di provare a capire se potevo, con il mio lavoro, avere anche un impatto positivo sulla società che mi circondava. Insomma, ho provato a canalizzare tutta la mia esperienza e le mie forze per trasformare un momento di crisi in una nuova opportunità. Non è stato facile e semplice, ma ho imparato che solo provando a cambiare, sbagliando e ricominciando, si può davvero arrivare a capire cosa ci piace fare e, soprattutto, cosa ci importa davvero.
Per chiarirti le idee sulla strada da prendere per cambiare lavoro, hai cominciato a cercare informazioni in Rete e hai scoperto Escape the City, un’organizzazione londinese che aiuta professionisti a trovare lavori più adatti alle loro inclinazioni. Come sei riuscita a metterti in contatto con loro, come ti hanno aiutato? E qual è la tua strategia, quando incontri un nuovo cliente, per supportarlo?
Quando ho scoperto Escape the City mi sono resa conto che non ero sola nella mia ricerca di un senso rispetto alla mia vita lavorativa. Attraverso il loro sito ho scoperto tante storie di persone, molto diverse tra loro, che avevano trasformato la loro carriera e così mi sono offerta come volontaria per portare i loro eventi Escape Monday a Roma. È stato allora che mi sono resa conto che anche in Italia tante persone stavano cercando di fare “qualcosa di diverso” e in tanti mi si sono avvicinati per chiedermi come avevo fatto a lasciare il lavoro e come riuscivo a vivere senza uno stipendio fisso. Mi accorgevo che, con naturalezza, riuscivo ad aiutarli grazie alla mia esperienza. Così mi sono formata e ho deciso di iniziare a fare questo lavoro. Oggi, quando un nuovo cliente si rivolge a me, dico sempre che non esiste una strategia unica per fare “escaping”, ma che ognuno di noi parte da una storia diversa – situazione lavorativa, familiare, economica ecc. – e che dunque la prima cosa da fare è capire dove si è, a cosa si può o non si può rinunciare, e qual è lo stile di vita che si vorrebbe riuscire ad avere per poter stare meglio.
Quali sono, in base alla tua esperienza, le premesse giuste per trasformare le proprie aspirazioni in un nuovo lavoro, e in quali casi, invece, non si è ancora pronti?
La premessa principale è scardinare sin da subito l’idea che per farlo bisogna avere dei soldi, oppure trovare l’idea del secolo che ci renderà ricchi. Tutti i grandi business di successo sono nati infatti dall’aver messo in primo piano innanzitutto cosa ci piace veramente fare e cosa ci interessa, cominciando a provarci. Non esiste garanzia di successo, ma come dico sempre “se non ci provi non lo saprai mai”. Non si è pronti invece quando non si è disposti al sacrificio, a mettersi in discussione e a smettere di lamentarsi o invidiare gli altri senza aver provato mai davvero a fare nulla.
Un caso di ‘rinascita’ particolarmente felice, tra quelli dei tuoi clienti? E un caso, invece, in cui il tuo contributo è stato utile per capire che era meglio non cambiare strada?
Una giovane mamma siciliana che da impiegata amministrativa in un’azienda sta lanciando un business online praticamente a costo zero facendo leva sulle sue risorse culinarie e sull’attenzione verso i prodotti alimentari della propria terra.
Sul versante opposto, un manager che non riusciva a controllare assolutamente le sue spese, soprattutto per quel che riguardava l’abbigliamento, con il quale ci siamo serenamente guardati in faccia e detti che forse il cambiamento non era la sua esigenza primaria in quel momento. A volte capita, però, che qualcuno dopo qualche mese ci rifletta e decida di riprovarci e rimboccarsi finalmente le maniche.
Quali sono i vantaggi maggiori dell’essere diventata una escape coach? Del tuo lavoro passato non ti manca assolutamente nulla?
Il vantaggio principale è l’assoluta libertà di pianificazione del mio tempo. Oggi lavoro anche più che in passato, ma so che sono io ad averlo deciso. Così come la possibilità di scegliere dove lavorare: io ad esempio mi alterno tra casa e Impact Hub Roma, uno spazio di coworking. Ma soprattutto la sensazione che il mio lavoro, sia come coach che come operatrice in un centro antiviolenza, sia perfettamente allineato con la persona che sono e possa essere di supporto ad altri.
Il mio lavoro passato mi ha dato e insegnato tantissimo, ma sono sempre più convinta che sia innaturale essere costretti a passare gran parte della propria giornata chiusi in un ufficio con orari fissi e persone che non abbiamo scelto. Non mi manca nulla perché le persone che avrebbero potuto mancarmi sono rimaste mie amiche, e in più oggi ho la fortuna di conoscerne di nuove ogni giorno.
Tre consigli per chi è insoddisfatto del suo lavoro e vorrebbe cambiarlo.
1. Cambiare atteggiamento mentale: provare a fare delle cose – anche piccole – per sperimentarsi in ambiti diversi dal proprio lavoro senza obiettivi di guadagno. 2. Iniziare a risparmiare: consiglio sempre di segnarsi per almeno tre mesi tutte le proprie spese e andare a vedere dove sono gli sprechi. Questi potranno infatti diventare un “cuscinetto” futuro per quando si deciderà di lasciare per tentare altro. 3. Non dire “io non posso farlo perché ho figli, l’affitto, il mutuo…”. Ho conosciuto persone che lo hanno fatto in ogni genere di situazione. Prima abbattiamo i nostri auto-sabotaggi, prima inizieremo a vedere la nostra nuova vita lavorativa come qualcosa di possibile.
Per informazioni: https://www.facebook.com/monica.lasaponara, http://www.monicalasaponara.it/
1 commento
Come e diventata escape coach? «Un giorno, navigando sul web, ho scoperto “Escape the City”, il progetto di due ragazzi di Londra che, insoddisfatti dei loro impieghi, raccoglievano testimonianze di persone che avevano mollato il lavoro da dipendenti. Li ho contattati e mi sono offerta di organizzare gli stessi incontri in Italia. Mi si e aperto un mondo: ho conosciuto persone entusiaste che svolgevano lavori che rispecchiavano la loro personalita, non i loro indirizzi di studi. Intorno a questi eventi presto si e creata una comunita di persone che mi chiedevano consigli, che volevano cambiare ma avevano, giustamente, paura. Ho iniziato a dare loro delle dritte, diventando, quasi inconsapevolmente, un punto di riferimento. Ancora non lo sapevo, ma stavo trovando la mia dimensione professionale: finalmente facevo qualcosa che mi appassionava davvero, cioe aiutavo gli altri a disegnare la propria strada lavorativa e, nel frattempo, creavo la mia. Dopo un percorso di formazione sono diventata la prima escape coach italiana, termine che ho inventato e brevettato».