Camilla Martelli è vittima un po’ della sua ambizione, ma soprattutto del cinismo, dell’alterigia e dell’ipocrisia dei Medici, del Granduca Francesco in primo luogo che non ha scrupoli a chiuderla in convento e a sacrificarla in nome dell’onore della famiglia.
Camilla Martelli è vittima un po’ della sua ambizione, ma soprattutto del cinismo, dell’alterigia e dell’ipocrisia dei Medici, del Granduca Francesco in primo luogo che non ha scrupoli a chiuderla in convento e a sacrificarla in nome dell’onore della famiglia.
La storia di Camilla Martelli ha inizio nel 1567 quando conosce Cosimo de’ Medici, il futuro primo Granduca di Toscana. Nata nel 1547, è figlia di Antonio Martelli e della sua seconda moglie, Elisabetta Soderini: entrambi i genitori provengono da illustri casate aristocratiche pur non godendo di una posizione sociale elevata, anzi il padre è ricordato, nelle cronache dell’epoca, come povero e miserabile. Tutte le loro speranze sono riposte in questa figlia dal piacevole aspetto. Elisabetta Soderini, la madre, è la zia di Leonora degli Albizi, la dama che ha conquistato il cuore di Cosimo dopo la prematura scomparsa della prima moglie Eleonora di Toledo ed è proprio a lei che Antonio si rivolge per combinare alla ragazza un matrimonio vantaggioso. Cammilla entra così in contatto con la corte.
Cosimo sta iniziando a perdere interesse per la sua amante Leonora e presto su di lei cala il sipario: osteggiata dai legittimi discendenti Medici, è data in sposa forzatamente al nobiluomo Carlo Panciatichi, appositamente graziato da una condanna a morte. Cosimo è così libero di intrecciare una relazione con Camilla, a sua volta estremamente lusingata da tale privilegio. Il 28 maggio del 1568 nasce da questa unione una bambina, Virginia. Ma mentre la famiglia Martelli gioisce per questo illustre legame, non altrettanto succede per le persone di casa Medici, che anzi si affrettano ad allontanare la neonata e a consegnarla al cameriere ducale che la fa passare passare per sua nipote. I figli di Cosimo si preoccupano della vita privata del padre: questi sono gli anni in cui si sta trattando con papa Pio V per ottenere il titolo di granducato e accrescere così la potenza dinastica e l’ambizione politica della famiglia. Non si può certo perdere l’occasione a causa di una ragazza della nobiltà decaduta! Il legame non può essere ben visto dal pontefice che, infatti, chiede la fine della relazione come contropartita per l’ambito titolo, ma Cosimo inaspettatamente rifiuta, colto da rimorsi di coscienza e dubbi morali.
Non rimane che legalizzare l’unione: così nel marzo 1570, dopo aver lasciato il governo nelle mani del figlio Francesco e aver ricevuto il titolo di Granduca, sposa in gran segreto l’amata Camilla. A quel tempo lei ha ventitré anni, mentre lui cinquantanove: la giovane crede di aver scalato tutte le gerarchie sociali e di poter godere di ogni privilegio che spetta alla moglie di un principe; ben presto si rende conto che i nobili hanno tanti privilegi quanti doveri. E non solo: Camilla è la seconda moglie di Cosimo. Francesco, figlio di Cosimo, e sua moglie Giovanna d’Austria, figlia dell’imperatore Ferdinando I, venuti a conoscenza delle nozze solo due giorni dopo, protestano vivacemente, tanto che il padre dovrà rispondere per lettera: “Sono un privato e ho preso in moglie una gentildonna fiorentina, e di buona famiglia”. Camilla non lo sa ancora, ma il nuovo signore di Firenze sarà la sua spina nel fianco fino alla morte. A nulla serve la rassicurazione che si tratta di un matrimonio morganatico, ovvero senza alcun passaggio di titoli e beni alla moglie, Francesco le sarà sempre avverso. Camilla non si accorge subito di tutto questo, sente solamente la gioia di essere la legittima consorte di uno degli uomini più potenti di Firenze e d’Italia. Gaetano Pieraccini, senatore della Repubblica Italiana e autore di un fortunato testo sulla famiglia Medici, ce la descrive come una donna di scarsa cultura e intelligenza “capricciosa, irrequieta, vana, poco affettuosa, noiosissima”.
La figlia Virginia viene legittimata e torna a vivere con i genitori. Camilla inizia a dispensare favori alla propria famiglia, facendo nominare il padre cavaliere dell’Ordine di S. Stefano e ottenendo una cospicua dote per le nuove nozze della sorella Maria. Comincia a spendere ingenti somme in abiti e gioielli, ostentando quel lusso da lei sempre ritenuto proprio di chi appartiene alle alte sfere sociali: questo suo atteggiamento le aliena le simpatie della corte e Cosimo è costretto a tenerla lontana dalle feste e dai banchetti, pur di evitare scandali. Il sogno di ricchezza e potere di Camilla dura però pochi anni. La salute del capofamiglia Medici declina sempre di più fino al gennaio del 1573, quando viene colto da un colpo apoplettico che lo costringe paralizzato a letto senza più facoltà di parola. La sua morte avviene l’anno successivo e questo è il punto di non ritorno per la donna.
Solamente poche ore dopo la scomparsa del padre, il granduca Francesco I la manda, insieme alle donne di servizio, nel convento delle Murate, quello stesso che pochi anni prima aveva accolto per un periodo Caterina de’ Medici. La doppia morale del nuovo sovrano è emblematica del suo cinismo e della sua prepotenza: non ha scrupoli a sacrificare la vita di Camilla, proprio lui che vive senza mistero e senza compromessi la relazione con la veneziana Bianca Cappello.
La seconda moglie di Cosimo I ha solo ventinove anni, qualsiasi lascito, beneficio, donazione o privilegio concessole da Cosimo viene impugnato dal figlio primogenito. Camilla non può immaginare di passare il resto della vita chiusa tra le mura di un convento, lei che è ancora giovane e ha prospettive di successivi matrimoni. Non vuole, a ragione, arrendersi a questo suo triste destino. Sue uniche compagne sono le monache, taciturne e schive: con loro si lamenta notte e giorno, in continuazione, senza tregua. Le lamentele sono così intense che le stesse consorelle chiedono al granduca di trasferirla in una nuova dimora. Viene mandata nel monastero di Santa Monica dove le viene concessa maggiore libertà, se non proprio di uscire e divagarsi, almeno con la possibilità di ricevere visite. Questa prigionia mina senza via di scampo la sua salute mentale, portandola in breve tempo a una febbrile follia. Nel 1586, grazie alla seconda moglie di Francesco I, Bianca Cappello, le viene concesso di lasciare il convento per partecipare alle nozze della figlia Virginia con Cesare D’Este. Inoltre si fanno sempre più stretti i rapporti tra Camilla e il cardinale Ferdinando de’ Medici, altro figlio di Cosimo, che cerca di aiutarla intercedendo presso papa Gregorio IX e ridurle le restrizione imposte.
Ma questo bagliore di speranza viene pagato a caro prezzo: solo qualche mese dopo, a maggio, Francesco I scrive a Francesco Gerini: “R. nostro carissimo, Il Cardinale de’ Medici ottenne da Papa Gregorio senza alcuna mia partecipazione, che la signora Camilla Martelli moglie già del Gran Duca buona memoria potessi introdurre nel monasterio di santa Monaca, dove ella si trova, certa quantità di donne vedove maritate et fanciulle, con facultà di uscirne et rientrarvi a ogni sua posta, et con tante altre larghezze, di stanze, et altre comodità, che di monasterio ben stretto, e venerando, si è ridotto con questo concorso di donne, et con questi abusi, a uno scandolo pubblico della città. Onde noi che conosciamo in quanto pericolo stia non solo quella signora che pur fu moglie di nostro padre, ma anco molte fanciulle che ella tiene in sua compagnia, per evitare maggiori scandali ci siamo risoluti di supplicare Sua Santità a farci gratia non solo di revocare, et annullare tutte le gratie et brevi concessi da papa Gregorio alla signora Camilla, et ad altre donne et huomini, fuor dell’ordine della clausura, ma ancora a ordinare al cardinale di Fiorenza, che se bene questo monasterio è sotto la custodia de frati di S. Spirito, lo visiti lui stesso, et ponga remedio a tutti quelli abusi et inconvenienti, che giudicherà necessarij secondo la sua conscientia, et honore di quel monasterio, dicendo a Sua Santità che ci moviamo a domandarle questa gratia et per il zelo dell’honor di Dio, et conservatione di questo venerando luogo, ma anco per quel che con questa larghezza, potessi toccare lo scandolo della buona memoria di nostro padre”.
Tornata ad un maggior rigore monastico la sua salute peggiora sempre di più, soggetta ad attacchi di depressione e a crisi isteriche. Alla morte del granduca Francesco, a poco vale la salita al potere del fratello Ferdinando che le concede di soggiornare presso la villa di Lappeggi: dopo solo un anno Camilla ritorna nel monastero di Santa Monica dove muore il 30 maggio del 1590, circondata unicamente dalle cure devote delle sorelle del convento e seppellita in forma privata nella chiesa di San Lorenzo. Gli autori della Biblioteca Italiana chiosano così la fine della sua vita: “Nei matrimonj di questo genere le donne se non sono maltrattate dal marito lo sono poi da’ suoi parenti”.
Il testo è tratto dalla ricostruzione storica pubblicata su “Memorie” nel sito www.toponomasticafemminile.com
Autrice – Livia Cruciani, da sempre appassionata di letteratura, in particolare di libri gialli, e di poesia, ha conseguito nel 2014 la laurea triennale in “Letteratura Musica e Spettacolo” e nel 2016 la laurea magistrale in “Filologia Moderna”. Pur cosciente delle difficoltà inevitabili che potrà incontrare sulla sua strada, avendo scelto studi universitari di ambito letterario, rimane determinata a continuare il suo percorso e a seguire le sue grandi passioni. Contemporaneamente agli studi ha lavorato come assistente vendite e animazione per bambini e bambine nella “Nuova Libreria all’Olimpico” di Roma e aiutato nello studio delle materie letterarie ragazze e ragazzi più giovani