Marianna, Teresa e Gaetana: tre coraggiose donne netine la cui vita oggi viene raccontata anche tramite l’antica e suggestiva arte del kamishibai.
Kamishibai si può tradurre come “dramma di carta”. La parola è composta da due elementi: Kami che indica il materiale cartaceo e Shibai che indica la storia narrata. E’ un teatro di immagini già presente in Giappone nel XII secolo quando i monaci buddisti utilizzavano questa forma di narrazione per raccontare ai fedeli, spesso analfabeti, delle storie che contenevano degli insegnamenti morali.
In seguito fu utilizzato dai cantastorie che recuperarono questa espressione artistica, soprattutto negli anni tra il 1920 ed il 1950.
Ma come si realizza un kamishibai?
In una valigetta di legno viene inserito un set di stampe che il pubblico vedrà durante la rappresentazione mentre sul retro viene scritto il testo che uno o più narratori o narratrici leggono.
E così, stampa dopo stampa, prende forma una storia.
Gli studenti e le studentesse del Liceo scientifico, classico ed economico sociale “Matteo Raeli” di Noto hanno utilizzato questa tecnica per raccontare la storia di tre donne loro concittadine: Teresa Schemmari, Marianna Ciccone e Gaetana Midolo,
Le loro storie sono diverse ma unica è la determinazione con cui hanno perseguito i loro sogni.
Teresa Schemmari fu un’antropologa che non si è mai arresa alla sua malattia, il morbo di Albright, che la colpì da bambina quando frequentava le scuole elementari . Non si arrese e da autodidatta proseguì gli studi fra le mura di casa fino ad ottenere prima una laurea in Filosofia e poi una in Sociologia.
Teresa amava tutti, ma soprattutto gli ultimi ed i più deboli. Ricoprì anche, nel 1995, l’incarico di Dirigente del Settore dei Servizi Sociali del comune di Noto, considerando sempre la politica come missione al servizio della collettività. Ha vissuto intensamente fino a 45 anni quando sopravvenne la morte. Oggi a Noto una targa la ricorda sul prospetto della casa in cui visse ed a lei è intitolato un asilo nido.
Di Marianna Ciccone è stata messa in risalto la sua caparbietà. Era nata nel 1891 e sin da ragazza voleva dedicarsi allo studio della Matematica e della Fisica ma in famiglia sostenevano che non erano studi consoni ad una donna e volevano che proseguisse gli studi per diventare maestra. Lei si oppose fermamente riuscendo ad andare a studiare a Pisa dove si laureò nel 1919 in Matematica e poi in Fisica nel 1924. In seguito perfezionò gli studi in Germania e ritornata in Italia, nel 1936, diventò docente di Fisica Sperimentale e nel 1959 docente di Spettroscopia alla Facoltà di Scienze Matematiche dell’Università di Pisa.
Quando nel luglio del 1944 i Tedeschi irruppero nella città toscana le intimarono di abbandonare l’ Istituto di Fisica mentre razziavano i migliori strumenti di ottica ed il prezioso materiale didattico. Lei si oppose infuriata dicendo che se avesserovoluto continuare a razziare avrebbero dovuto ucciderla. Per fortuna non lo fecero e Marianna così salvò il patrimonio dell’Università.
E’ andata in pensione a 70 anni, ed ha sempre vissuto come una donna che ha coltivato i suoi sogni senza lasciarsi intimorire dai divieti e dalle convenzioni sociali.
Gaetana Midolo era nata nel 1895 e aveva abbandonato Noto per emigrare in America e costruirsi il futuro di una vita dignitosa lontana da stenti e miserie.
Aveva coraggiosamente affrontato le acque dell’oceano per approdare a New York: un viaggio, “mare sotto e cielo sopra”. E ci pare di vederla dialogare la notte con le stelle ed ascoltare le note dell’orchestra della prima classe della nave.
Partì a soli 13 anni ed in terra americana trovò lavoro alla Triangle Shirtwaist Company, una fabbrica di camicette bianche. Insieme a tante altre emigrate lavorava anche dieci, dodici ore al giorno nel grattacielo dell’Ash building. Era brava, si diceva che aveva i sogni sulle punta delle dita. Era laboriosa ma fu colta, insieme alle sue compagne di lavoro, il 25 marzo del 1911, dal rogo che bruciò la fabbrica. Quando morì aveva solo 15 anni, il suo sogno americano era durato appena due anni, distrutto da lunghe lingue di fuoco.
Nel 2016, le è stata intitolata una rotatoria.
Marianna, Teresa e Gaetana: tre coraggiose donne netine la cui vita oggi viene raccontata anche tramite l’antica e suggestiva arte del kamishibai.