Con 380 voti a favore, due contrari e un’astensione, i membri della Duma (Camera Bassa del parlamento russo) hanno approvato la mozione avanzata dai conservatori, tesa sostanzialmente a declassare le angherìe domestiche a illecito amministrativo.
Una mossa ispirata dalla necessità di correggere la sentenza emessa lo scorso anno dalla Corte Suprema, che pur ammettendo la depenalizzazione di quello che in precedenza era ritenuto un crimine aveva continuato a contemplare condanne detentive fino a due anni a carico degli accusati.
A breve dunque, chiunque si servirà della forza per imporre la propria autorità in famiglia verrà punito con un’ammenda di circa 470 euro o al massimo 15 giorni di carcere. Diverso è il discorso a fronte di recidività del colpevole, nel qual caso verranno inflitte le punizioni previste dal codice penale per le aggressioni.
“E’ un momento storico“, ha commentato Andrei Isayev, membro del partto presidenziale Russia Unita. “In alcuni paesi l’ingerenza statale nelle varie realtà individuali si è spinta troppo oltre. Questa decisione porrà termine a tali consuetudini in seno alla Federazione“.
Ovviamente occorrerà attendere il verdetto della Camera Alta (Senato) e ottenere l’avallo definitivo del presidente Vladimir Putin per poter attuare il provvedimento. “Era fondamentale operare la debita distinzione tra rapporti parentali e soprusi frequenti“, ha osservato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. Precisazione forse doverosa, in un contesto in cui il fenomeno dei maltrattamenti investe circa il 40% dei nuclei familiari. Le poche statistiche a diposizione del Ministero degli Interni rimandano infatti a 600mila cittadine abusate annualmente e un numero di femminicidi pressochè costante (14mila).
Eppure, nonostante un recente sondaggio condotto dal Russian Opinion Research Center (Vciom) abbia evidenziato che solo per il 19% dei russi picchiare il proprio coniuge oppure i figli è “plausibile“, sebbene “in determinate circostanze“, il pronunciamento dell’aula sembra aver soddisfatto le aspettative della maggioranza popolare (la percentuale attestata dei consensi è del 55%). Con enorme disappunto di coloro che invece tendono a individuare nell’emendamento un potenziale incentivo al reato.
Al timore espresso dal deputato comunista Yuri Sinelshchikov ,per il quale “la brutalità rischia ora di diventare una norma comportamentale“, va aggiunta la contrarietà di Maria Mokhova, direttore esecutivo di Sisters, unità di crisi a tutela delle vittime, convinta che “nel prossimo futuro gli aguzzini beneficeranno dell’impunità totale“. Per lei, d’altronde, il messaggio lanciato dal governo è inequivocabile: “Chi picchia i congiunti non va perseguito, semplicemente perchè ha il sacrosanto diritto di farlo“.
E proprio al fine di rivendicare il varo di una legge non circoscrittiva bensì estesa a ogni forma di violenza sull’altra metà del cielo, Alena Popova – da tempo dedita alla causa emancipatoria – ha promosso una petizione che ha già raccolto oltre 225mila adesioni.”Le autorità considerano soltanto gli effetti positivi della riforma, che si possono in due punti principali: molti non vivranno fino all’età della pensione; la gente sarà troppo impegnata ad autodistruggersi per criticare il loro operato“.
La proverbile riluttanza delle forze dell’ordine a intervenire per dirimere diatribe private e la tendenza di molte donne alla sottomissione silenziosa non contribuiscono inoltre a migliorare la situazione: “Sapendo che non saranno denunciati, arrestati o rinviati a giudizio, i tiranni si sentiranno ancora più autorizzati a esercitare una preoccupante influenza intimidatoria“, ha laconicamente obiettato Kira Soloviova a nome dell’associazione femminista Onà.