La vittoria di Virginia Raggi a Roma e di Chiara Appendino a Torino vanno esattamente in questa direzione : chi se ne importa se erano grilline ed ora appaiono sagge pentastellate, vogliamo credere alla loro trasformazione fuori dagli incasellamenti.
Il 24 dicembre di ogni anno, alle 12.00, si stappa lo champagne e si festeggia l’anno nuovo che arriva, ed ogni speranza di cambiamento si rinnova in ogni animo.
Ieri, 20 giugno, alle 23, si sono chiuse definitivamente le urne elettorali e invece delle bollicine sono saltati fuori i nomi dei vincitori ai ballottaggi per l’elezione a sindaco di alcune grandi e importanti città, non ultima la Capitale. Ma diverso lo stato d’animo rispetto a quello gioioso di fine anno; piuttosto di perplessità, sgomento e una positività lenta a manifestarsi.
Perché non di un capodanno si trattava ma di una importante sfida politica per accaparrarsi il governo delle città e, negli schemi della politica, tutto può essere inversamente dimostrabile fino all’ultimo respiro.
Per gli altri, come noi, è arrivato invece il momento di guardare con animo libero da schemi, pregiudizi, perfino orientamenti radicati e osservare il tutto in un ottica diversa, senza incanti né pregiudizi, guardando al nostro territorio senza però fare sconti ai i disastri amministrativi ed ambientali del nostro Paese che abbiamo vissuto sulle nostre esperienze.
Impossibile non parlare delle due città simbolo di questa tornata elettorale.
Roma, la città che sovrasta ogni altra per la sua storia, per la sua bellezza, la Roma Imperiale che abbiamo studiato con orgoglio sui libri di storia, “Roma caput mundi”, conosciuta come la capitale della cultura e dell’arte, della storia europea è quella che oggi viene descritta, perché vero, per la sporcizia, per le buche-voragini delle strade, per la mancanza di marciapiedi, di pochi servizi al cittadino, un traffico che paralizza la viabilità cittadina, la presenza di aeree urbane nel degrado, una burocrazia paralizzante fino alle infiltrazioni mafiose, “mafia capitale”. Uno sfascio quello della Capitale che ha avuto origine nella cattiva amministrazione comunale consolidatosi negli ultimi decenni.
E che dire di Torino, centro Sabaudo, fulcro del Risorgimento e prima capitale d’Italia dal 1861 al 1865 e divenuta nel XX secolo un importante polo dell’industria automobilistica italiana. Una città che negli ultimi anni si è trasformata in una città dove “i ricchi, pochi, sono sempre più ricchi; i poveri, tanti, sono sempre più poveri (RapportoRota). Dal 2007 ad oggi i poveri sono raddoppiati, ormai – calcola il direttore della Caritas, Pierluigi Dovis – le persone che in città e nella prima cintura vivono in una condizione di povertà assoluta o relativa sono circa il 15 per cento”.
E davanti a queste realtà che gravano sulle spalle di tutti, dopo avere subito l’umiliazione dell’impotenza personale rispetto alla prepotenza di gruppi politici ed economici, abbiamo avuto in queste elezioni la possibilità di esercitare il diritto di voto per rinnovare gli amministratori di queste due città. Lo abbiamo sognato tante volte ed ogni volta siamo stati delusi e traditi. Forse questa volta abbiamo avuto uno scatto d’orgoglio che non ha guardato troppo per il sottile, le appartenenze, le promesse, i finti sorrisi e ci siamo abbandonate/i a quello che ci suggerivano pancia e cuore.
E la vittoria di Virginia Raggi a Roma e di Chiara Appendino a Torino vanno esattamente in questa direzione e chi se ne importa se erano grilline ed ora appaiono sagge pentastellate, vogliamo credere alla loro trasformazione fuori dagli incasellamenti.
Sono due persone giovani, nuove, prestate alla politica; hanno grinta, entusiasmo, ideali, quelli che da tempo mancano ad una classe politica incapace e corrotta, che si rottama al proprio interno per restare sempre dentro ai centri di potere. E per questi rottamatori (di nemici s’intende) sono troppo giovani; per questi rottamatori dell’eccesso del potere (di chi ne ha meno ovvio) sono troppo fuori dai giochi e non reggeranno; per questi delatori di malcostume (che non è riuscito a usarlo) sono troppo fragili e saranno sottoposte a ricatti e angherie.
Insomma dovranno accettare i vecchi schemi se vogliono durare in carica cinque anni senza lasciarci le penne. Perché una persona onesta non ce la può fare, si dovrà adeguare, dovrà subire, dovrà assuefarsi e lentamente trasformarsi come un bionicle, un transformer, un mostro con mille facce, braccia, corpi. Inoltre sono donne! Crolleranno sotto la debolezza fisica, il richiamo della maternità, lo scontro di ruolo di coppia, l’emicranie, le mestruazioni, le gravidanze, e chissà quanti altri limiti avranno queste donne!
Di queste ragazze, che ora non sono più tali, ma Sindache, ancora non si dice molto, tranne l’emozione, le garbate parole, le lettere del marito, lo smarrimento iniziale, il clima festaiolo-studentesco. Ma questi sono gli aspetti del folclore giornalistico. Quello che dispiace è lo scarso interesse, la gioia non dimostrata, la rabbia malcelata, la denigrazione di alcune sponde femminili. Perché queste due donne non sono sindache, ancora nell’immaginario collettivo, ma due strani animali, mezzi cavalli da domare, mezze pecore da far pascolare e al resto ci penseranno gli altri.
Allora non stappiamo le bottiglie, perché non è ancora il tempo. Facciamo qualche cosa di più e andiamo in orbita! In un viaggio nuovo, imprevisto ma coraggioso a cui guardare con speranza per un cambiamento.