Jo Cox era una donna e una politica coraggiosa. Aveva il coraggio di portare avanti le proprie battaglie, una dote molto rara, in un contesto dove sempre più si cerca di rischiare il meno possibile e di avere posizioni buone per tutte le stagioni.
Una laburista, una donna con profondi valori progressisti, europeista convinta. Nel suo primo discorso alla Camera dei Comuni del 3 giugno 2015 sosteneva con orgoglio come multiculturalismo e immigrazione fossero delle preziose opportunità di arricchimento per il proprio paese.
“La regione che rappresento è stata profondamente arricchita dall’immigrazione, sia che si tratti di cattolici irlandesi o di musulmani provenienti da Gujarat in India o dal Pakistan. Mentre noi celebriamo la nostra diversità, quello che mi sorprende di volta in volta quando giro in quei territori è che siamo molto più uniti e abbiamo tante cose in comune l’un l’altro, molto più di quelle che ci dividono”
Questa dovrebbe essere la bussola dell’Europa, eppure i venti reazionari, xenofobi, dei muri, delle trincee sono sempre più forti e stanno mettendo a repentaglio proprio i valori fondanti dell’UE.
Jo Cox aveva un passato da volontaria, al fianco delle vittime del Darfur, delle donne congolesi e dei profughi siriani. Conosceva quelle situazioni e quando si esponeva e agiva come politica lo faceva con cognizione di causa. Jo Cox voleva dar voce a tutto questo. Probabilmente la scelta di essere contraria alla Brexit risiedeva nella speranza, nella convinzione che l’Europa potesse e dovesse continuare a rappresentare un baluardo, un’idea di inclusione, in difesa dei deboli e della pace mondiale. Sicurezza e stabilità possono realizzarsi solo in un contesto unitario. Non è chiudendosi ognuno a casa propria che i problemi scompaiono o si risolvono, i muri servono solo ad incrementarli. Arroccarsi come propongono alcuni partiti in Europa porta solo a comunità più chiuse, incattivite, che si sentono braccate da fantasmi creati ad arte per creare tensione, paura e spingere le persone ad accettare una politica che sottrae libertà e diritti.
Questo clima è forte, lo si avverte andando in giro. Parlando con la gente nei mercati o ai giardini, con i commercianti. La paura che sento in giro è un frutto di un pregiudizio, un elemento pericolosissimo, una bomba a orologeria. In Italia, negli anni ’90 il “pericolo” da combattere e da tenere lontano era rappresentato da chi dal Sud andava al Nord e rubava il lavoro e portava delinquenza, violenza e problemi di vario genere. Ancora nel 2003, quando mi trasferii da Bari a Milano, mi trovai di fronte a questo tipo di pregiudizi. Oggi sono i migranti dall’estero. Stesse argomentazioni, niente è mutato se non chi subisce queste accuse. I media e un certo tipo di politica hanno alimentato un clima di odio e di diffidenza, hanno costruito il fantoccio di un nemico esterno, creando una percezione alterata della realtà. Campagne d’odio, razziste hanno creato un contesto in cui molte persone finiscono col sentirsi accerchiate. E via con politiche sulla sicurezza, che non servono ad altro che ad alimentare l’intolleranza.
Una politica chiusa in sé, che basta a se stessa e che foraggia un individualismo sempre più diffuso nelle nostre comunità. Un modo di fare politica in antitesi al concetto di Politica come bene per la comunità, aperta e che sappia accogliere chi una casa, diritti e prospettive di vita non le ha più nel proprio paese. La politica dovrebbe fornire soluzioni per dare a tutti un’opportunità e una vita dignitosa.
Quando porti avanti c, quando inciti alla difesa del proprio orticello con ogni mezzo, crei mostri, mostri che arrivano a concepire azioni come quelle che hanno tolto la vita a Jo. Come se togliendole la vita si potessero al contempo cancellare le sue verità, le sue battaglie e ciò per cui lottava quotidianamente attraverso il suo impegno politico. Abbiamo un’occasione: possiamo cambiare strada e pensare che la politica sia capace di migliorare la vita delle persone, come Jo faceva.
Abbiamo la possibilità di dire basta all’intolleranza e di aprire a un mondo, a un paese, a una società che rispetta e accoglie tutti, che offre una opportunità a tutti, che sia dialogante con tutti. Basterebbe ricordarsi quando stranieri e indesiderati siamo stati noi. Basterebbe ricordarsi che le divisioni non portano mai buoni frutti, solo odio, violenza e morte. Se la politica si arrende e non è in grado di parlare una lingua diversa, fondata sui valori dei diritti e dell’uguaglianza, ma si preoccupa solo di difendere la pancia dei propri bacini elettorali, ha perso. Abbiamo perso. La politica è bene comune, non è salvaguardia di orticelli o privilegi. La politica non è una cosa semplice, implica scelte anche difficili, implica essere scomodi, controcorrente, fare azioni coraggiose ed esporsi in prima persona. Tutto il resto è solo una sua pallida imitazione, una meschina pantomima, atta solo a intercettare voti fondati su timori o ragioni egoistiche. Jo ci ha dimostrato che fare politica implica schierarsi e assumersi responsabilità in prima persona. Jo ha scelto di non seguire scorciatoie, ma di portare avanti le sue idee, senza paura, proprio per sconfiggere quel muro di gomma fatto di pregiudizi e indifferenza. Jo ha dimostrato cosa significa fare la differenza. Una visione politica autentica di cui le saremo sempre grati. Jo che sapeva e desiderava dare voce a chi di solito non ha voce. Scegliamo da che parte stare e che tipo di futuro vogliamo costruire. Fare politica non è solo una questione di voti, come molti vorrebbero ridurla. Jo con la sua esperienza e competenza, con i suoi progetti, le sue azioni, con il suo volersi confrontare aperto ci ha testimoniato un modo di far politica alto, autentico. La differenza c’è. Nessuna paura. Resistiamo e testimoniamo con le nostre azioni che la differenza c’è, che c’è ancora un territorio per fare politica tenendo la schiena dritta, senza scendere a compromessi e senza scegliere strade comode.
Jo Cox ci ricorda che la cultura che incita all’odio nei confronti di minoranze o di determinate categorie di persone, al rifiuto delle differenze, alla sopraffazione e all’annientamento di chi non la pensa come te, è all’origine di quanto di più devastante e pericoloso ci sia per una comunità. Quando si costruisce un muro tra Noi e gli Altri i risultati sono quelli che conosciamo. Vogliamo davvero che il nostro futuro sia dettato dai nazionalismi e dalla xenofobia? Creiamo ponti, corridoi, non trincee.