Non pare illogico affidarci a queste giovani donne che non appaiono ancora inquinate e sufficientemente sdoganate per resistere agli attacchi esterni ma anche a quelli che potrebbero venire dalle forze che l’appoggiano.
Care noi, che apparteniamo a questa società in cui viviamo ma che in essa a volte avvertiamo disagio; care noi, che abbiamo dovuto fare quasi una rivoluzione per emanciparci ed essere riconosciute come persone; care noi, che ancora non ci sentiamo perfettamente in sintonia con chi ci rappresenta; care noi, che non vogliamo fare un discorso di parte, di simboli, di genere ma piuttosto da cittadine, riflettiamo sulle tante cose che in questi ultimi tempi stanno accadendo.
Di cui alcune potrebbero renderci liete altre no, alcune forse, il resto non si sa.
Tra una messa in piega dal parrucchiere, un’attesa ai cancelli delle scuole, un salto al supermercato, una fila alla posta ecc. ne abbiamo parlato; sì, abbiamo spesso parlato di quei nostri piccoli, grandi, drammatici problemi quotidiani di cui nessuno si interessa veramente. E prima di passare ad una posizioni agnostica, di rimessa, infine d’i indifferenza ne abbiamo ragionato su cosa si potrebbe fare, chi potrebbe avere la sensibilità di ascoltarci.
Qualcuno che non parli d’aria ma dell’esperienza diretta, per avere toccato con mano l’impossibilità del fare quotidiano, avere la stessa sensazione d’impotenza e di disperazione che a volte proviamo. Quante di noi hanno pensato “se fossi io a gestire la cosa pubblica”, sapendo che non eravamo della partita. Pensiamo che se per magia, per circostanze inaspettate, per fortuna, per una lotteria a qualcuna di noi capitasse di accedere alla cosa pubblica ci tireremo indietro? Perché non siamo capaci? Perché non potremmo imparare? Perché siamo handicappate come ci farebbero credere in molti? Pensiamo a ragionare senza schemi, senza appartenenze, voliamo alto e voliamo oltre. Se ad una di noi capitasse, noi altre, non daremmo a quell’una il nostro appoggio?
Oppure per dimostrare, in un ultimo quanto inutile tentativo servile, la nostra intelligenza, dovremmo ancor una volta apparire allineate? A questo o quel partito, questo o quel potente, questo o quel gruppo, questo marito o amico? E godere di quel loro riconoscimento pronto ad essere ritirato quando non servissimo?
Ma allora è tutto così drammaticamente negativo? Ragioniamone, e vediamo di tirare fuori il meglio dalla nostra capacità di riflessione, organizzazione, mediazione; usiamo pure la nostra sensibilità di genere ma non per soccomberne quanto per offrire idee migliori e a misura dell’innovazione, che vuol dire per tutti e non per alcuni. Siamo abituate a non sprecare, a concentrare le forze, a valutare gli sprechi e a fare molto con poco.
Ogni volta ricominciamo col porci la domanda da dove ripartire.
Per esempio, la presenza di donne negli ambiti governativi. Prima non c’erano, poi qualcuna è arrivata, ancora tra quote, norme e altro, in questi ultimi decenni ne sono entrate tante, belle e determinate. In questi recentissimi anni, sono presenti in numero, in ruolo e in immagine.
Come sono lontani gli anni in cui le donne si piangevano addosso e facevano la rivoluzione anche solo perché fossero nominate ogni tanto! Più spesso insultate e derise.
Eppure, alla faccia di ogni previsione, quelle, le donne per l’appunto, e dai e dai, si sono fatte largo, hanno acquisito meriti, hanno cercato di cambiare i ruoli. Lo stesso motivo per cui continuano ad essere insultate e derise in una dimensione inversamente proporzionale.
Denigrate prima, ignorate poi, mal sopportate transitoriamente, subite e forzatamente accettate ora, quel tanto da scatenare varie forme di rancore. Una donna che valga deve proprio essere insopportabile nell’immaginario, sub culturale maschile.
Che sta subendo uno sconvolgimento! E che nonostante tutte le donne ammazzate in tutto il mondo, non ha ancora capito la lezione. Allora diciamoglielo!
Forse il prossimo Presidente americano sarà donna! Un Presidente degli Stati Uniti femmina…ci si può credere? “ah ma, certo, con tutte le corna che ha sopportato, con tutto quello che ha dovuto ingoiare… Poi sia sa che è miliardaria e dunque anche i poteri economici non le sono ostili, in fondo è anche anziana, durerà poco, se ce la farà, poi c’è Bill dietro di lei”. Uhm…
In Italia il vento del cambiamento è più modesto ma pare ugualmente fastidioso. Da noi ci sono due, tre, qualche ragazzetta…ma chi le conosce, che vogliono fare? Politica? Eh certo, oggi tutti la fanno e poi non saranno mica ingenue come sembrano, la sapranno lunga, figurati, qualche amico, appoggio, ammiccamento, interesse.
Le ragazzette hanno un nome ed un cognome, un’identità ed una storia personale. Si chiamano Virginia Raggi e Chiara Appendino. Possa piacere o meno stanno dimostrando di esistere senza che qualcuno lo debba fare al posto loro, in proprio, con stile semplice del chi “parla come mangia” e che tutti comprendono.
Caviamoci il veleno dalla bocca e diciamolo pure, queste due ragazzette sono due “grilline” o “penta stellate”, diciamolo pure con il sospetto che caratterizza il detto “il meglio è nemico del bene”; perché dopo tante delusioni, disastri, sconfitte è difficile credere alla redenzione della politica e mai visto fare miracoli. La politica ci ha abituato a non credere, a non abbassare la guardia per difendere ciò che con fatica è stato conquistato, anche con il sangue dei nostri predecessori. Essa ci ha messo davanti all’egoismo di casta, all’indifferenza sociale, ad una solidarietà mal gestita, ad una cultura scucita e rattoppata. In questo anno di celebrazioni della nostra Repubblica, ci siamo sforzati di immaginare una ripresa del nostro Paese, che è sempre più orfano di giovani talenti e sempre più popolato di aree degradate dove tutto è consentito. Ciononostante ci vogliamo assumere le nostre responsabilità, nei modi e nei tempi che ci vengano richiesti. Ed ora siamo state chiamate ad esprimerci per rinnovare le amministrazioni e ad ottobre per il Referendum costituzionale. Ma ogni cosa va affrontata al momento giusto.
Per questo l’attenzione è rivolta, stranamente e incredibilmente, verso queste due giovani donne che si presentano per la carica di Sindaco, una a Torino e l’altra a Roma.
E’ stato scritto di tutto. Quasi certamente nella Capitale dovrebbe farcela al ballottaggio. E se ce la fa come farà? E come abbiamo fatto a sopportare gli altri sindaci? E come facciamo a continuare a vivere come se la capitale d’Italia fosse un quartiere malfamato e periferico del mondo? Proviamo per una volta a ragionare super parte, a pensare ad un sindaco che ci possa volere bene, che si occupi della città, che si faccia carico dei molti gravosi problemi quotidiani. Non serve neanche elencarli, li sappiamo a memoria anche se a Roma appaiono in modo più vistoso e completamente ingestibili. Proviamo a pensare che quel sindaco che ci rappresenterà, sarà penta stellato, sarà pd? Sarà donna o sarà uomo? Ormai siamo al ballottaggio e si deve decidere, non esiste un coniglio che esce dal cappello perché anche la magia è un’illusione, come spesso la politica.
Però, per essere coerenti con il nostro ragionare di donne, non possiamo non soffermarci su queste due candidature emerse in questa tornata elettole. Chi sono ormai si sa e i loro curricula di formazione e professione farebbero ombra a quelli di molti altri che stanno in Parlamento. I programmi li hanno presentati e siamo in grado di valutarli.
Di loro si dicono molte cose ma ci si compiace di evidenziarne quelle negative.
Intanto che sono troppo giovani. Ragazze occhio! Se fossero state di dieci anni avanti avrebbero detto che erano già vecchie. Inesperte le une o navigate le altre.
In due anni, in cui non si fa che ribadire, e mettere in pratica, il concetto di rottamazione “umana”, da cui è partita una sorta di epurazione generazionale che considera superata ogni conoscenza di chi sia over 50/60, una fascia di età a rischio che dicono renda impossibile ragionare a lungo termine come solo la politica sa fare.
Sulla scia di queste nuove valutazioni di cui si avvale la Politica, viene da pensare anche l’esatto contrario.
Ma queste ragazze sono giovani? Troppo. Ma sono preparate? Troppo. Ma i contenuti dei programmi quali? Quelli che tengono conto della città. E forse, probabilmente, saranno in grado di farcela, se daremo loro l’opportunità di sperimentarsi.
In passato ci sono stati tanti “politici” inventati dai talk show; personaggi, personaggetti che nessuno conosceva ma che a forza di vederli e sentirli sono entrati nelle case, nei media dove hanno costruito un’immagine ad uso e consumo di disegni altrui. I politici sono passati a misurarsi dal territorio agli schermi. Nemmeno il Premier ne è stato immune. In questa malsana procedura, sono stati prodotti spesso cattivi replicanti da usare al momento. E’ il vuoto della politica ha prodotto di volta in volta “i mimi” di se stessa.
E in questo quadro che sarà votata anche la riforma costituzionale ad ottobre!
Ma per non parlare solo di candidate, un esempio eclatante di questi meccanismi mediatici che possono trasformarsi concretamente, appare quello del candidato a sindaco di Milano. Una candidatura, quella di Parisi, nata in modo leggero, una figura a riempire il vuoto, un imprenditore ma sconosciuto nel quadro politico e sociale milanese. Eppure è bastato che in mancanza di candidati riconoscibili un’ ampia fetta d’elettorato di un certo orientamento lo accogliesse come un messia e il merito se lo sta certo guadagnando. Però lui è uomo. E questo pare rendere normale il metodo e il finale dell’operazione.
Sulle due candidate invece , di cui ha scritto ampiamente e bene Concita De Gregorio, niente si concede tranne critiche, dubbi, sprezzo e ironia. E’ da riprendere una frase dal blog di Laura Cima, che di donne s’intende e per le donne si è spesa, in cui esplicita la sua volontà di supporto alla candidata della sua Torino (e alle altre) perché “hanno dimostrato che si può, senza paura e senza aggressività o arroganza, affermarsi, pensando “al futuro e non al sé”, perché continua “mi chiedo come altre, abbiano continuato a fare propaganda per maschi poco credibili, spesso riciclati” .
Ci sarebbe da pensare che, sempre come dice Laura, “mentre noi per decenni non siamo state capaci di diventare da protagoniste nei luoghi della politica e delle istituzioni, se non in modo marginale, senza cambiarle”, sarebbe duro non le aiutassimo per partito preso e dover pensare che siamo mosse da rancori e invidie. E che per soddisfare il dolore di quelle sconfitte ci dovessimo alleare a chi male ci ha fatto per infliggerlo ad altre. Infine ma che importa il partito, il movimento d’appartenenza se le forze politiche in campo fino ad oggi non hanno dato risposte diverse dal solito sistema di egoismi, corruttele e caste di potere. Non è populismo quello che spinge alla ricerca di dare sostanza alla speranza. La valutazione politica complessiva si farò certamente ad ottobre e alle politiche che speriamo non tardino. Per ora non pare illogico affidarci a queste giovani donne che non appaiono ancora inquinate e sufficientemente sdoganate per resistere agli attacchi esterni ma anche a quelli che potrebbero venire dalle forze che l’appoggiano.
La protesta sociale e politica, espressa in modo evidente ma democratico, da cui esse sono emerse, le dovrebbe avere preparate a sapere che un altro vento di protesta, più violento e turbolento di quello che le ha portate fino a qui, potrebbe spazzarle via senza se e senza ma, cancellandole senza pietà.
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